L’ARTE è IN GIOCO! Nuove relazioni tra arte e videogame. Convegno, mostra e Art Night a San Servolo, Venezia

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Temporary Exhibition Container o va’ dove ti porta il camion

È da qualche anno ormai che hanno fatto la loro comparsa in giro per l’Italia e a Milano in particolare, i cosiddetti temporary store o concept store, ossia punti vendita che vengono messi a disposizione di grandi marchi o catene commerciali per limitati periodi di tempo in zone in cui queste aziende non sono presenti. Sovente, queste vetrine temporanee vengono sfruttate dalle aziende per lanciare o presentare nuove linee di prodotti spesso con una comunicazione particolarmente creativa o “aggressiva”. Come fossero dei rave party questi negozi-evento sbucano qua e là, inaspettatamente, incuriosendo e spiazzando il passante abituato al routinario scrolling delle vetrine dislocate nei quotidiani luoghi di transito.

Una deriva particolarmente interessante di queste nuove forme di promozione e commercio è quella dei temporary shop container, ossia veri e propri container navali (avete presenti quegli enormi scatoloni di ferro che si vedono sul ponte delle navi da carico o nei porti?) riadattati a seconda delle esigenze inserendo vetrine, porte e tutto ciò che occorre per renderli più “ospitali” e adatti all’esposizione di merce.

La cosa interessante di questa a mio avviso geniale reinterpretazione funzionale di questo tipo di grossi contenitori (lo spazio progettato per il trasporto di beni diventa esso stesso il luogo di esposizione e di vendita della merce in una sorta di crasi tra spazio e tempo ridefinendo la struttura della catena distributiva), è la semplicità ed economicità con cui è possibile essere presenti sul territorio in modo veloce, estemporaneo, efficace e creativo. Nel giro di una giornata questi monoliti di ferro possono essere trasferiti da una città ad un’altra, da un quartiere ad un altro semplicemente grazie ad un autotreno per il trasporto e una autogru per il sollevamento e il posizionamento in loco. Un altro grosso vantaggio è quello di poterli posizionare in luoghi inconsueti, non necessitando di alcuna struttura preesistente. Va’ dove ti porta il camion. Credo che a livello di permessi sia sufficiente richiedere al Comune un’occupazione temporanea di luogo pubblico, quindi poca roba.

L’aspetto che interessa a me di questa faccenda non è quello di poter aprire negozi temporanei in giro per il mondo, quanto la possibilità offerta da queste strutture di creare spazi espositivi aperti al pubblico, come ad esempio mostre itineranti, tempestive, intrusive nel territorio.

Qualche esempio di questo genere già esiste, il progetto etoy.CORPORATION per citarne uno.

Penso ad esempio ad un mini museo sul videogioco (tanto per riallacciarmi al mio penultimo post) itinerante, piccolo ma significativo, con alcuni pezzi interessanti e postazioni interattive di divulgazione sul linguaggio del videogioco. Oppure, mini mostre tematiche, magari che trattino argomenti di frontiera o dibattuti, come la violenza, il sesso nei videogiochi o le implicazioni sociali e formative nello sviluppo dei più giovani.

Un evento etoy a Torino

Queste mini mostre, che andrebbero progettate con un “taglio” comunicativo peculiare al mezzo impiegato, ossia pochi contenuti ma efficaci, esperienze veloci ma attraenti, potrebbero invadere luoghi di aggregazione giovanili e non solo, occupare piazze o anche luoghi non tipicamente legati alla diffusione del sapere. In maniera un po’ virale, punk (passatemi il “gerontologismo” – insomma, il contrario di neologismo…) con dinamiche da social network, da web 3.0 queste pillole di cultura vaganti potrebbero raggiungere un vasto pubblico in maniera informale e coinvolgente, invertendo la dinamica tradizionale della fruizione della cultura: non più recarsi in un luogo prestabilito (il museo, la galleria, lo spazio espositivo etc.) ma essere raggiunti direttamente dall’evento culturale, dove mi trovo.

Questa apertura sul territorio urbano consentirebbe anche lo sviluppo di iniziative di confronto e dibattito con la popolazione per mezzo di interviste, sondaggi o dimostrazioni pubbliche spostando il dialogo dai salotti alla piazza.

Tutto ciò con investimenti decisamente inferiori se confrontati con gli oneri derivanti dall’allestimento di una mostra tradizionale in un luogo tradizionale. Andatevi a vedere un sito che tratti la vendita o il noleggio di questi container (è un’esperienza da fare… ; ) capirete presto che i costi di struttura non sono minimamente equiparabili a quelli di affitto o allestimento di una galleria o di uno spazio espositivo tradizionali.

Questo è solo l’inizio … l’idea è forte, se vi vengono idee o volete fare proposte, scrivetemi.