Il concetto in sè è abbastanza semplice: esistono rarissimi casi di videogame “scientifici”.
Aiuto. Già questa prima frase si presta a molteplici fraintendimenti e ad approssimazioni pericolose. Ma andiamo avanti, accumuliamo concetti e parole chiave che ci aiutino a delineare meglio l’argomento.
Dunque, esistono e non da ieri, giochi “scientifici”. Un momento, ma con “scientifici” intendi che trattano argomenti scientifici oppure le cui regole seguono le metodologie scientifiche? oppure intendi giochi “educativi” oppure anche “divulgativi” sulla scienza? non starai mica parlando di giochi “pedagogici”? oppure volevi semplicemente parlare di “edutainment”???
Eh, mica facile.
Proviamo a partire da un’immagine-immaginario semplice: il piccolo chimico. Più o meno tutti da bambini lo abbiamo avuto in regalo, o ci abbiamo anche solo dato un’occhiata distratta a casa dell’amichetto o del cugino (in genere era la scatola-gioco più impolverata di tutte).
Si tratta di un kit di strumenti da “laboratorio” e sostanze più o meno chimiche più o meno sicure con le quali i piccoli scienziati possono creare intrugli inutili e nocivi alla salute illudendosi di impersonare improbabili ricercatori o scienziati geniali.
Mi sembra che questo gioco si possa considerare il padre di tutti i giochi appartenenti alla categoria “scientifici” vero?
Dunque. Perché consideriamo il piccolo chimico un gioco scientifico?
Perché ci sono gli alambicchi e strane sostanze colorate con nomi astrusi. Non mi sbilancerei dicendo che si tratta di gioco scientifico perché per mezzo del quale io faccio veramente “scienza”. Nel qual caso io dovrei adoperare un metodo scientifico, ossia osservare sperimentalmente un evento naturale, formulare un’ipotesi generale sotto cui questo evento si verifichi, e controllare l’ipotesi mediante osservazioni successive. Con il piccolo chimico io mescolo la sostanza bluastra con quella verde osservo il risultato e se porto a casa entrambi gli occhi mi ritengo già davvero fortunato.Ricapitolando: chiamiamo il piccolo chimico un gioco scientifico perché utilizzo strumenti che assomigliano vagamente nella forma e nella funzione agli strumenti che i ricercatori nei laboratori di ricerca impiegano per effettuare le suddette prove di verifica delle ipotesi. Se questo è un gioco scientifico allora io sono un artista perché disegno con il carboncino, medesimo strumento utilizzato da Michelangelo nella composizione dei bozzetti per la preparazione dei cartoni per gli affreschi della cappella sistina a Roma in S. Pietro.Tu sei bravo, penserete, ma potreste obiettare che si tratta dichiaratamente di un “gioco” dunque, una simulazione della realtà soggetta a regole astratte e coerenti in un sistema chiuso. Certamente, ma in questo caso il mondo simulato mi sembra davvero troppo lontano e sfocato dalla realtà che si vuole re-interpretare.
In realtà vi sono giochi scientifici che interpretano in maniera ancor più approssimativa il concetto di scienza, cito ad esempio i giochi di nuova generazione in cui si richiede l’assemblaggio di pezzi di apparati destinati, una volta ricostruiti, a muoversi grazie all’energia solare o a produrre energia grazie a particolari dispositivi energetici. Qui la scienza trovo sia ancora più lontana: cosa è “scientifico” in questi giochi? il fatto che un insettone tipo meccano si sposti grazie a mini-pannelli fotovoltaici posizionati sul dorso? sì, è molto fico tutto ciò, ma cosa c’è di davvero scientifico? io sto giocando semplicemente con la realtà, al limite parlerei di gioco tecnologico, perché ad esempio i mini pannelli fotovoltaici sono frutto dell’evoluzione tecnologica che ci consente oggi di rigirarli tra le nostre mani per poche decine di euro.
A questo punto, anche il classico aeroplanino di carta di giornale che mi costruisco in quattro semplici mosse posso considerarlo un gioco scientifico: vola nell’aria sfruttando la portanza dell’ala e tutta la fisica e la tecnologia associata al volo di oggetti più pesanti dell’aria. Dunque, ogni genere di gioco che io possa giocare, è un gioco scientifico, perché sfrutta i fenomeni naturali del mondo, ai quali è, volenti o nolenti, assoggettato. Ma io non posso parlare di “scientifico” semplicemente perché tratta argomenti di cui si occupa la scienza (di quali argomenti non si occupa la scienza?).
A questo punto torniamo un momento all’inizio del nostro ragionamento, i due tipi di giochi di cui abbiamo parlato a quali categorie di quelle citate in precedenza appartengono?
Trattano argomenti scientifici? se postuliamo che con il piccolo chimico io faccio chimica, allora, trattandosi la chimica di una scienza, diciamo di sì. Teniamoci però in un angolo del ragionamento anche questo: è più un’attività di gioco scientifica il mescolare la sostanza blu a quella rossa e constatare che si rapprendono in una gelatina oppure è più scientifico fare la maionese mescolando il tuorlo d’uovo con l’olio e meravigliarsi di quanto possa crescere in volume questa salsa?
Cooking mama è quindi un gioco scientifico? se non calibro con esattezza il momento in cui alzare la fiamma del fornello sotto alla mia pentola di salsa di fagioli rossi, non otterrò il massimo punteggio.
Questi giochi hanno regole che simulano il procedimento scientifico? non mi sembra, non osservo sperimentalmente un evento naturale, non formulo un’ipotesi generale che poi cerco di dimostrare tramite ripetuti controlli e osservazioni successive.
Sono giochi educativi? azzardiamo un sì, l’obiettivo principale è quello di creare consapevolezza nel giocatore della realtà che lo pervade fornendogli strumenti “sperimentali” con i quali praticare esperienze personali ed autonome di natura esplorativa finalizzate ad un obiettivo.
Sono giochi divulgativi? anche, comunicano in maniera abbastanza familiare e comprensibile le attività di ricerca scientifica (mi riferisco al piccolo chimico) avvicinando un pubblico non specialistico al mondo della scienza.
Sono per caso giochi “pedagogici”? il termine è usato in modo un po’ improprio, ma direi che utilizza metodi di apprendimento informali, come ad esempio la pratica hands-on, propri della scienza pedagogica.
Direi che per ora ci fermiamo qui. Ora siamo un po’ più preparati nel parlare di “(video)giochi scientifici” o quanto meno, più sensibilizzati. Si continua in uno dei prossimi post!